In data 30 marzo 2017 sono state proposte dall’Avvocato Generale Bobek le conclusioni relative alla causa C-111/16, Fidenato e a., nelle quali si suggerisce alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di stabilire che gli Stati membri possono adottare misure di emergenza riguardanti alimenti e mangimi geneticamente modificati solo qualora siano in grado di dimostrare, oltre all’urgenza, anche l’esistenza di una situazione di rischio manifesto e grave per la salute umana, per la salute degli animali e per l’ambiente.
La vicenda trae origine dalla coltivazione, da parte del sig. Fidenato e altri, di mais geneticamente modificato (mais MON 810) in violazione di un decreto interministeriale del 2013 che ne ne vieta la coltivazione sul territorio italiano. Il decreto in parola era stato adottato come misura d’emergenza ai sensi dell’articolo 34 del regolamento (CE) n. 1829/2003, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, nonostante non vi fossero prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza emesse in grado di invalidare le precedenti conclusioni sulla sicurezza del mais MON 810 emesse dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Il Tribunale di Udine aveva pertanto chiesto alla Corte di Giustizia, in particolare, se fosse possibile adottare misure di emergenza sulla base del principio di precauzione.
Secondo l’Avvocato Generale, l’articolo 34 del regolamento n. 1829/2003 costituisce un’espressione concreta del principio di precauzione nello specifico contesto degli alimenti e dei mangimi geneticamente modificati in una situazione di urgenza. Questo principio è sancito dal regolamento n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare, in particolare, l’articolo 7 consente agli Stati membri di adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che non sono stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico.
Tuttavia, l’Avvocato Generale Bobek ritiene che tale principio generale non modifichi le condizioni chiaramente fissate dal più specifico articolo 34 in quanto:
- il principio di legalità, che assume rilievo ancora maggiore quando gli Stati membri infliggono sanzioni penali come nel caso in esame, esige che le autorità pubbliche agiscano esclusivamente entro i limiti di quanto disposto per legge;
- un regolamento deve essere interpretato e applicato in maniera uniforme in tutti gli Stati membri;
- il principio di precauzione e l’articolo 34 operano in contesti diversi, visto che l’articolo 34, a differenza del principio di precauzione, si riferisce specificamente ai prodotti geneticamente modificati che sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio.
La conclusione dell’Avvocato Generale non cambia neanche alla luce della nuova direttiva (UE) 2015/412, che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio, in base alla quale la Commissione aveva vietato il mais MON 810 in 19 Stati membri, tra cui l’Italia. Secondo l’Avvocato Generale, infatti, tale direttiva è entrata in vigore dopo il decreto italiano e riguarda ambiti diversi.
Giovanna Bagnardi